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Traffico di rifiuti metallici a Torino: 15 arresti, coinvolti sette Paesi

La Guardia di Finanza ha smantellato un’organizzazione dedica al traffico di rifiuti metallici a Torino che coinvolgeva ben 7 Paesi

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Guardia di Finanza di Torino
Traffico di rifiuti metallici a Torino

TORINO – La Guardia di Finanza di Torino fa sapere che questa mattina, i militari di Torino in stretta collaborazione con il Comando Provinciale Napoli, hanno dato esecuzione, nell’ambito dell’operazione “FERRAMIÙ”, a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale nei confronti di 15 persone (10 in carcere e 5 ai domiciliari), appartenenti a una associazione per delinquere di matrice internazionale finalizzata al traffico illecito di rifiuti metallici, all’autoriciclaggio di proventi illeciti e all’emissione e utilizzo di documenti attestanti operazioni inesistenti.

Perquisizioni e sequestri

Le fiamme gialle fanno inoltre sapere che sono anche in corso di svolgimento perquisizioni nei confronti di decine di soggetti e società, nonché il sequestro preventivo disposto su beni per oltre 130 milioni di euro, tra cui disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e quote societarie riconducibili agli indagati. Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Torino – Direzione Distrettuale Antimafia – P.M. Dott. Valerio Longi – e condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino, hanno consentito di individuare un sodalizio criminoso, a carattere transnazionale, che reperiva sul territorio nazionale rifiuti metallici acquistati “in nero”, predisponendo poi la “copertura” documentale e contabile volta a farli apparire come rottami lecitamente acquistati da imprese aventi sede all’estero, che ne attestavano falsamente la regolarità secondo i requisiti richiesti dalla normativa dell’Unione europea.

Provenienza ignota

Successivamente, tali rifiuti venivano consegnati a fonderie o altre società commerciali del settore per essere reimmessi nel circuito produttivo. In armonia con la legislazione unionale, infatti, affinché i rottami metallici non siano qualificabili come “rifiuto”, il produttore deve redigere e trasmettere a ogni cessione una “dichiarazione di conformità”, al fine di consentire, in ogni momento, l’individuazione dell’origine del rottame e, dunque, la tracciabilità dello stesso. Laddove ci si trovi, come nel caso di specie, di fronte a una cessione “in nero“, la provenienza dei rottami resta ignota, gli stessi non sono tracciabili e, dunque, devono – sempre e comunque – essere considerati “rifiuti” a causa del mancato rispetto delle richiamate disposizioni e, quindi, non sono commercializzabili come rottami metallici. Per ovviare a ciò, gli indagati provvedevano a predisporre fittizie “dichiarazioni di conformità” aggirando, così, le disposizioni di legge e celando la reale origine del materiale. Inoltre, per poter giustificare contabilmente i pagamenti destinati, di fatto, all’acquisto dei rifiuti “in nero”, si adoperavano per ottenere false fatturazioni emesse da compiacenti società all’estero.

Tre anni di indagini

Le investigazioni, avviate nel 2018, hanno preso spunto dall’approfondimento di una segnalazione di operazione sospetta riguardante anomale movimentazioni finanziarie intercorse tra un’impresa avente sede nella Repubblica slovacca e un’azienda operante nel torinese, con sede secondaria in Campania, per attività di commercio di materiale ferroso. Secondo le prospettazioni accusatorie, accolte dal G.I.P., l’organizzazione criminale si è rivelata particolarmente complessa e articolata in quanto caratterizzata da una molteplicità di uffici, persone coinvolte, ruoli, mezzi utilizzati, imprese di trasporto, società italiane e straniere e sarebbe stata così appositamente modulata per consentire, attraverso la formazione, la redazione e l’utilizzo di documentazione totalmente falsa, l’illecito traffico di ingentissimi quantitativi di prodotto.

Tonnellate di rifiuti metallici

Complessivamente, alla luce di quanto ricostruito nel corso delle indagini, dal 2018 sarebbero state movimentate circa 18mila tonnellate di rifiuti metallici. I finanzieri hanno tracciato l’attività commerciale e finanziaria formalmente attuata dalle entità estere – avvalendosi, grazie all’attivazione del Comando Generale – II Reparto, della cooperazione internazionale fornita da sette Paesi (Repubblica slovacca, Ungheria, Turchia, Egitto, Pakistan, Cina e Malaysia) – riscontrandone la fittizietà, in quanto tali società sono risultate prive di una sede operativa e di beni immobili. Sul piano giudiziario, è stata attivata l’Agenzia dell’Unione europea Eurojust per il coordinamento delle indagini oltre confine e l’esecuzione delle attività di custodia cautelare e perquisizione in Repubblica slovacca e Ungheria. Le odierne operazioni vedono complessivamente coinvolti circa un centinaio di militari appartenenti a oltre 30 Reparti del Corpo nei territori delle regioni Piemonte (province di Torino, Alessandria e Verbania), Lombardia (province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Milano, Monza-Brianza e Pavia), Emilia-Romagna (Ferrara e Forlì-Cesena), Toscana (provincia di Prato), Lazio (provincia di Roma), Molise (provincia di Isernia) e Campania (province di Napoli, Caserta e Salerno).

L’operazione “FERRAMIÙ” conferma, tangibilmente, l’azione che la Guardia di Finanza svolge quotidianamente attraverso il monitoraggio dei flussi finanziari, che costituisce il metodo più efficace per individuare i capitali di origine illecita, prevenendo e contrastando le organizzazioni criminali che commettono gravissimi reati anche nel settore ambientale e realizzano forme di autoriciclaggio che “inquinano” il tessuto economico-produttivo, alterano la concorrenza del mercato e, non da ultimo, danneggiano gli imprenditori onesti e rispettosi delle regole.

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