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«Considerate se questa è una donna…»

Maltrattata dal compagno, una giovane donna si rivolge ai servizi sociali, ma le vengono sottratti anche tutti i figli

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Questa è la storia vera di una giovane donna straniera, che vive in Italia da molti anni. Anja (nome di fantasia) si è rivolta ai servizi sociali in qualità di donna stanca di subire violenze dal compagno, che sotto l’effetto di alcool, alza le mani. I vicini, sentendo spesso i litigi tra lei e il compagno alcolizzato, segnalano la situazione al telefono azzurro. L’uomo viene ricoverato in una struttura per la riabilitazione, mentre Anja viene costretta a lasciare la propria casa, sotto minaccia di toglierle i bambini, con l’obbligo di essere alloggiata in una struttura a spese dello Stato, ubicata in un piccolo paesino sperduto tra le montagne, dove una faccia straniera, come quella della giovane donna, viene spiata con sospetto e diffidenza.

Il morale di Anja è a terra e viene messa sotto psicofarmaci perché è infelice. Quelle sostanze, prese per forza, la fanno sentire sempre più senza forze, “una larva” dice lei. La obbligano a usare i contributi, che lo Stato le versa per i figli, per pagare una psicoterapeuta.  Ma alla fine, nonostante lei abbia assecondato tutte le richieste, le tolgono tutti e quattro i figli.

A questo punto la donna cede alla voglia di annullarsi, compra delle bottiglie di vino e si ubriaca. Questo cedimento, questo piede in fallo, è ciò che aspettavano per legittimare tutto il loro operato. Per poter almeno vedere i figli di quando in quando deve accettare di sottoporsi alle cure e ai regolari controlli del SERT, nonostante i risultati sempre negativi.

Finalmente Anja decide di ribellarsi a tutto questo, che dura da troppi anni richiedendo al Tribunale delle verifiche su questa struttura. Di conseguenza viene assegnata a una nuova assistente sociale. La musica però non cambia: tre figli vengono dati in affidamento e uno affidato a una comunità.

Sei anni di “riabilitazione genitoriale” con psicoterapia pagata da lei, controlli e psicofarmaci non sono serviti a riavere la sua casa e i suoi figli. Solo alla maggior età il figlio più grande può ritornare a casa, come in passato dalla guerra, tanto per lui lo Stato non paga più, mentre gli altri rimangono in affido e in comunità a spese dello Stato.

In seguito il secondo figlio scappa in continuazione dalla famiglia affidataria per tornare dalla madre, finché, nonostante rimanga affidato a quella famiglia che percepisce il pagamento dallo Stato, viene lasciato vivere con lei. La terza figlia rimane nella comunità cui è stata affidata e si scava un solco incolmabile tra lei, la madre e i fratelli. L’ultima figlia viene affidata a una famiglia molto ostile alla madre e alla bambina, di religione Ortodossa, viene negata la sua libertà religiosa.

Non posso fare a meno di ricordare la poesia di Primo Levi “Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace……che muore per un sì o per un no…..”  e mi viene da pensare: considerate se questa è una donna che dipende da un sì o da un no, maltrattata, separata dal suo stesso sangue, privata della sua casa, delle sue cose, delle sue finanze, della sua libertà, della sua religione, ingannata, vilipesa, schiacciata e avvelenata malignamente con droghe psichiatriche. Considerate se questa è una donna derubata di ogni diritto umano e chiedetevi: “in che tempi viviamo?”

Il CCDU è stato fondato nel 1979 ed è una ONLUS italiana in contatto con il Citizens Commition on Human Rights (CCHR) che è stato fondato dallo psichiatra Prof. Thomas Szasz e dalla Chiesa di Scientology e che ha lo scopo di ripristinare Diritti Umani e Dignità nel campo della salute mentale. Tra le molte attività del CCDU c’è quella d’informazione e sensibilizzazione sui temi dell’uso di psicofarmaci sui minori e sugli anziani.

Maria Grazia Scaglione

Torino 22 Agosto 2019

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