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Curiosità

C’era una volta a Torino l’Ospedale Celtico, ma non è quello che pensate

Si chiamava “celtico”, ma non ha niente a che fare con le popolazioni indoeuropee, serviva a far fronte ad una vera emergenza del XVIII secolo. Ecco di cosa si tratta

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L’associazione di idee per cui nel XVIII secolo la sifilide era definita “morbo celtico” è delle più improbabili. Si può supporre che l’arte amatoria francese, terra in passato di celti, abbia indotto gli italiani ad associare la più famosa malattia venerea, ma fatto è che nel 1700 si può parlare di una vera emergenza sanitaria anche nella nostra Torino.

Nella zona del Martinetto, in una ex conceria, nel 1776 venne inaugurato l’Ospedale Celtico, detto anche “l’unico speciale ospizio femminile”, mentre per gli uomini era legittimo essere liberi di spargere mascolinamente l’infezione.  L’Ospedale Celtico lavorava a stretto contatto con il carcere di Stupinigi, per sole donne: la Generala. Questo perchè la maggior parte delle ospiti del carcere erano prostitute, che presto o tardi contraevano la sifilide ed oltretutto perché, dopo anni, al carcere, si erano resi conto di non essere in grado di redimere le giovani visitatrici, inducendole ad uno stile di vita diverso.

Ben presto l’Ospedale divenne stretto, anche perché si presentò una nuova esigenza: separare le malate di sifilide “per scelta”, perché la professione della prostituta era ancora considerata una scelta, da quelle che lo diventavano per.. tragici eventi e si trattava di solito di nobildonne i cui mariti avevano chiaramente contratto la malattia.

Per questo nel 1836, Carlo Alberto di Savoia propose di trasferire sia il carcere che l’Ospedale, in una nuova struttura, chiamata “Ergastolo il Castro”, un nome che prometteva poche cose buone ed era situata in quello che ora è il Complesso Sportivo Ferruccio Parri, in via Ormea 127.

Magari qualche lettore sorriderà della curiosa scelta della zona, che gode tutt’ora di una particolare fama, ma l’Ospedale Celtico portava con sè tutta la tragicità che si può aspettare in un comparto anche psichiatrico nel 1800.
Le ospiti del carcere erano infatti separate in quattro categorie: le cattive, le mediocri, le buone e le ricche.

Le ultime erano naturalmente le meglio trattate, in un’ala del carcere con lussuose stanze, dove potevano ricevere ospiti e vivere nella quasi normalità, lontane dai mariti che le avevano gentilmente infettate con malattie contratte dalla… seconda parte dell’Ospedale, costituito da povere donne che si prostituivano per lo più per sopravvivere.

Appena arrivata la prostituta doveva essere, letteralmente secondo gli scritti dell’epoca, “assoggettata di carattere e farle riflettere sulla necessità di sottomettersi al proprio destino. Finchè le ospiti non mostravano sottomissione, obbedienza e buona condotta non venivano spostate dall’isolamento nei dormitori ed in alcuni casi si ritenne necessario togliere dalle cellette in cui erano stipate, i giacigli e privarle del cibo.

In ogni caso, pare chiaro, che la colpa del diffondersi dell’infezione, si riteneva fosse solo delle donne, con un’approccio tanto misogino da non avere alcun fondamento scientifico.
Fu solo grazie alla scienza, se si arrivò a cambiare la cura per il trattamento di questa malattia e si arrivò a chiudere questi terribili luoghi, all’inizio del ‘900.

Per il resto della sua esistenza, l’Ospedale Celtico divenne una prigione militare, per poi venire definitivamente abbattuto negli anni ’50.

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