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Appendino condannata a morte, gli insulti sui sociali hanno «oltrepassato il limite»

Chiara Appendino presa ancora una volta di mira sui social, dove viene definita una “condannata a morte”. Lei, «si è oltrepassato il limite»

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Chiara Appendino
La sindaca Chiara Appendino "condannata a morte"- © Facebook - Chiara Appendino

Nuovi insulti sui social alla sindaca di Torino, Chiara Appendino, che su Linkedin viene definita una “condannata a morte”. A scriverlo, commentando un post in cui la prima cittadina descrive il progetto di riqualificazione e di rilancio del Parco Valentino attraverso i fondi europei per la ripartenza, è un esperto di sicurezza sul lavoro dipendente di Telt, la società italo-francese incaricata di realizzare e poi di gestire la nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione, la cosiddetta TAV.

Il post con la “condanna a morte”

“Bye bye dead woman walking a ottobre finalmente a casa!”, si legge nel post. «In questi cinque anni ho ricevuto ingiurie o minacce di ogni tipo ma “donna condannata a morte” ancora mi mancava – commenta Appendino interpellata dall’ANSA – Credo, francamente, che si sia oltrepassato il limite. E, coerentemente con ciò che ho sempre detto, proprio perché sono convinta che la Rete non possa e non debba essere una zona franca, procederò alle opportune segnalazioni alle autorità competenti».

L’affermazione di una singola persona

«Si tratta dell’affermazione di una singola persona che non rispecchia né il sentire del personale di Telt né i valori del promotore pubblico che agisce sempre nel rispetto delle persone e delle istituzioni», è la presa di posizione dell’azienda, che “stigmatizza” il post. «Alla sindaca Chiara Appendino – aggiunge Telt – rinnoviamo la stima e il rispetto che da sempre hanno caratterizzato i rapporti intercorsi in questi anni».

Arriva il post di scuse

In un secondo momento, sempre su Linkedin, l’autore degli insulti ha pubblicato un post di scuse. «Le parole che ho usato in questo commento, mi rendo conto solo ora, sono offensive verso di lei come persona e verso l’istituzione che rappresenta – si legge – Le porgo le mie più sentite scuse».

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