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Una storia come tante altre.

Una giovane donna di origine straniera cerca di fuggire dal marito violento rifugiandosi in un’altra città il Tribunale affida la figlia ai servizi sociali.

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Jenny(nome di fantasia) è una cittadina italiana con origini straniere, immigrata anni fa in Italia per motivi di lavoro. Incontra l'amore in un altro straniero, ma di nazionalità, cultura e religione diverse e lo sposa. L'uomo così, oltre alla moglie, acquisisce anche la cittadinanza italiana. Nasce una bambina Karola(nome di fantasia), ma le cose tra la coppia non si mettono bene, scoppiano tutte le contraddizioni e contrapposizioni culturali. L'uomo si rivela molto violento e le vittime, moglie e figlia, quando si ritrovano ricoverate con gravi lesioni, sono costrette a dichiarare che hanno avuto un incidente. Il marito le tiene sotto minaccia di morte se dichiarano la verità.

Esausta e perennemente impaurita Jenny trova la forza di rivolgersi al Tribunale e chiedere la separazione, che si rivela naturalmente molto conflittuale, ragione per cui il giudice affida il nucleo familiare ai servizi sociali.L'uomo, che in privato aggredisce e minaccia, in pubblico  si atteggia a vittima, di conseguenza Jenny viene etichettata come PAS(sindrome di alienazione genitoriale)cioè quel comportamento che nasce nel contesto di separazioni controverse dove un genitore(alienante) cerca di allontanare i figli dall'altro genitore, esibendo astio o disprezzo.

Mi viene in mente il caso Cafassoche dopo aver denunciato la moglie per alienazione genitoriale, spara a lei e alle sue figlie uccidendole. 

Viene fatta una perizia (CTU) sulla donna alla quale vengono imputate tutte le colpe.Con un linguaggio esoterico e autocelebrante la perizia recita, e sfido chiunque, in particolare gl'immigrati dal linguaggio italiano essenziale, a tradurlo in qualcosa che sia comprensibile.

"…si tratta di relazione di natura psicologica effettuata seguendo la metodologia e la procedura acclarata dalla più recente ricerca scientifica in materia di tutela dei minori e del loro rapporto con i genitori……" 

Mi chiedo quale "ricerca scientifica"? Sono state eseguite analisi sul cervello, nel sangue, radiografie, laser, tac, endoscopie, o è bastato "l'occhio clinico" di qualcuno con una laurea triennale e tanti "test per la testa"un po' come il libro dei King, che ognuno può interpretare come meglio crede. La relazione continua, sempre riferita a se stessa : 

"….. del tutto esente da vizi metodologici e contraddistinta da linearità d'indagine ed esaustività d'analisi, nonchè connotata da indubbio approfondimento di tutte le questioni sottese ai quesiti conferiti……" Sti ca….i!  Direbbe il grande Proietti.

"Indubbio approfondimento"" esaustività d'indagine", ma qualcuno ha provato a vivere qualche giorno con questa famiglia, qualcuno ha chiesto ad amici e vicini di casa cosa succedeva, hanno domandato al medico, che ha curato la donna e la bambina, se le ferite corrispondevano a ciò che la donna ,sotto minaccia, denunciava o se non potevano essere frutto di una grave aggressione? Almeno quando si tratta di giustizia penale vengono svolte accurate indagini sui fatti, possibile invece che in questo settore, così delicato, possa essere valido tutto e il contrario di tutto?

Per farla breve Jenny ,minacciata, impaurita dal marito e spaventata dalla presa di posizione di tutto l'ambaradan del sistema psicogiustizialista, cerca una soluzione trasferendosi con la figlia in un'altra  ben lontana città italiana, trova alloggio e lavoro e iscrive la bambina alla prima elementare e richiede la residenza, ma arriva prima il decreto del Tribunale dei Minori, che le impone di ritornare nella città del marito. 

La figlia è data in affidamento ai servizi sociali, che la inseriscono in una struttura protetta, nel bel mezzo del nulla e viene  data alla madre la possibilità, bontà loro, di condividere la sorte della bambina, con l'obbligo, quanto prima, di essere entrambe trasferite in una struttura nella stessa città del padre, per permettere a quest'ultimo di vederla a suo piacimento ed anche di portarsela a casa. Questa madre alienante genitoriale, iperprotettiva simbiotica relazionale, narcisista, come relazionato dal CTU, è costretta a vivere in una struttura, senza casa, senza amici, senza libertà, vicino al suo carnefice, con la costante minaccia che la bimba venga data in affidamento ad altri e con la paura che il padre possa ancora usare violenza sulla figlia. Non aggiungo altro, ognuno si faccia la sua idea!

Maria Grazia Scaglione                                                        Torino 8 Settembre 2019

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