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Finchè giudice non ci separi

Ha ancora senso sposarsi nel 2019? Nel dubbio il Tribunale di Torino può separarvi in 90 secondi

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Ha ancora senso sposarsi nel 2019?
La domanda è culturalmente rilevante e non stiamo parlando dell’aspetto religioso della faccenda, né di quello sentimentale, ma principalmente dell’effettiva utilità dell’atto in sé. Un matrimonio comporta costi per essere celebrato e costi anche per essere sciolto ed obiettivamente, con l’attuale legislazione, nei diritti non c’è differenza di fatto con le coppie classificate come semplicemente conviventi.

I diritti (e i doveri) dei rispettivi coniugi

Un tempo il matrimonio garantiva tutta una serie di diritti – e di doveri, certo – che altrimenti non si potevano ottenere. Ed ancora prima era per lo più un’unione principalmente economica, fra quasi sconosciuti, basata sulla convenienza garantita dal matrimonio stesso. Oggi, almeno in questa parte del mondo, ci si sposa fortunatamente solo più per sentimento e/o per credenza religiosa, che porta a vivere la cerimonia come un evento particolarmente importante nella vita di coppia. Legalmente questo non fa molta differenza.

Ma se manca il sentimento…

Una netta differenza la fa, invece, quando questo rapporto sentimentale viene per diverse ragioni a mancare e si arriva davanti ai giudici per una separazione prima e per un divorzio poi. Tutti i tribunali d’Italia –e probabilmente del Mondo- sono ingolfati da cause di separazione e il nostro tribunale di Torino non faceva eccezione, finché il presidente del Tribunale, Massimo Terzi, non ha applicato un metodo davvero velocissimo per sbrigare le pratiche più semplici, cosiddette “consensuali”.

Ammassati come pecore

169 coppie sono passate da lui cercando la separazione questo settembre, che lui ha garantito loro fra le 8:30 e le 13:10 di pochi giorni fa. Una media di 90 secondi a udienza. Certo, qualche avvocato storce il naso. «Tutti ammassati nell’androne come pecore», si sfoga un difensore nei corridoi del Palagiustizia.
Terzi risponde ironicamente: «Bisognerebbe chiedere alla gente se preferisce aspettare mesi per una separazione oppure sentirsi “pecora” per qualche ora, ma risolvendo il problema».

3 mila causa in poco più di un anno

Questa sorta di “catena di montaggio” è un’idea del presidente. Voleva risolvere il problema degli arretrati. E ci è riuscito: «Abbiamo smaltito 3 mila cause in un anno e mezzo. Per quel periodo, ho fissato due udienze al mese per le separazioni consensuali e altrettante per i divorzi dello stesso tipo». Finita l’emergenza, Terzi ha mantenuto le «maxi udienze>, proprio per continuare a «dare risposte in tempi brevi. Tenga conto che ormai fissiamo udienze a 60 giorni». Ma tutto questo sarebbe stato impossibile senza una rivoluzione telematica. Tradotto: «Ho lavorato in accordo con gli avvocati perché anche la prima richiesta fosse inoltrata per via telematica. In questo modo, l’Ufficio per il processo può predisporre in anticipo atti, verbali e sentenze, seguendo modelli già pronti». È stato lui a fare quelle tracce, lavoro fatto una volta per tutte.

Intanto, comunque, tutti gli avvocati chiamati in causa hanno preso il loro compenso ed è sicuramente un modo per far girare l’economia, ma torniamo alla domanda di cui sopra: secondo voi, nel 2019, ha ancora senso sposarsi?

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