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Società edile in crisi: i soci finiscono nelle mani degli usurai con interessi al 120%

Un curatore fallimentare riesce a capire che i soci di un’azienda edile sono finiti nella trappola dell’usura e coinvolge la Polizia. Ieri condanna definitiva per 4 persone, compreso un avvocato

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TORINO – Nella mattinata del 18.07.2019 la 1^ Sezione del Tribunale di Torino, presieduto dal Presidente dott.ssa Silvia BERSANO BERGEY, ha emesso sentenza di condanna a carico di quattro persone per vicende usurarie originate tra il 2008 e il 2012 ai danni dell’imprenditore edile B.V.

6 anni di reclusione

Nello specifico, due di questi sono stati condannati alla pena di 6 anni di reclusione; uno alla pena di anni 5 e 4 mesi di reclusione, altri due alla pena di 3 anni di reclusione.

La vicenda

L’indagine della Squadra Mobile della Questura di Torino scattò nel maggio del 2012, quando il curatore fallimentare di una società edile riferì agli investigatori di aver elementi significativi nel sostenere che i soci si erano rivolti a degli usurai per far fronte alla difficile situazione finanziaria dell’impresa. L’attività investigativa svolta dagli agenti di polizia, coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Antonio RINAUDO e poi dal Dott. PARODI, evidenziò rilevanti indizi volti ad avvalorare la denuncia del curatore cui si aggiunse, poco dopo, quella della persona offesa.

Imprenditore costretto a rivolgersi agli usurai

L’imprenditore, infatti, non riuscendo a vendere gli appartamenti in costruzione, si rivolse agli usurai per sostenere le spese emergenti. Così alcuni dei condannati iniziarono a elargire ingenti somme di denaro, cui veniva praticato un tasso di interesse che variava tra l’85% e il 120% annuali. Non solo: come garanzia del prestito, l’imprenditore è costretto a promettere in vendita diversi immobili in fase di costruzione e a sottoscrivere scritture private per il riconoscimento del credito.

70.000 euro di debito

È a questo punto che entra in gioco un avvocato, che agisce in giudizio richiedendo l’esecuzione del decreto ingiuntivo depositato per costringere le parti ad adempiere all’obbligazione assunta con scrittura privata, con la quale il cugino della parte offesa, anche egli imprenditore edile, riconosce un debito di 70.000 €. Questi i fatti alla base della sentenza con cui il Tribunale di Torino, ha disposto nei confronti di due imputati la confisca della somma di 70.000 € quale profitto del reato, mentre nei confronti degli altri è stata confiscata la somma di 40.000 €.

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