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Ambiente e Natura

I mari muoiono, la plastica soffoca la vita: Torino si dà da fare e adotta Il Po d’aMare

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Presentato ieri 17 settembre 2019, a Palazzo Civico e poi direttamente sul fiume Po, il progetto Il Po d’aMare, la prima sperimentazione di prevenzione del river litter, ossia raccogliere e recuperare i rifiuti  – specie di plastica – prima che arrivino al mare. Un’azione concreta per salvare dalla morte un bene più che prezioso per la vita sul pianeta. Il progetto pilota, concepito anche per grandi nuclei urbani, è stato così adottato dal capoluogo piemontese grazie alla volontà di Iren e Amiat e al sostegno di Fondazione per lo sviluppo sostenibile, i Consorzi Castalia e Corepla con il Coordinamento dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po, il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, dell’AIPO e la collaborazione della Città di Torino.

Fiumi puliti = mari puliti

I rifiuti, specie la plastica, che stanno soffocando i mari e la vita che c’è in essi arrivano in gran parte trasportati dai fiumi  – che poi sfociano in mare. Nonostante la buona volontà di chi ogni anno si prodiga per ripulire il mare (e le spiagge) dai rifiuti che l’invadono, questa è un’operazione complicata e costosa, sia in termini di denaro che di sforzi. La soluzione più logica e pratica non è dunque limitarsi alla pulizia dei mari, ma prevenire il fenomeno agendo direttamente sulla “causa”, cioè i fiumi. Per cui, l’equazione per salvare i mari, la vita che vi è in essi e, in ultima analisi il nostro pianeta, è fiumi puliti per mari puliti.

Il Po e il suo grande ruolo

Come tutti abbiamo studiato a scuola, il fiume Po è il più lungo d’Italia. Senza contare tutti gli affluenti che raccoglie durante i suoi 652 km di percorso il suo potenziale d’acqua che viene riversata in mare è enorme. Il Po, nel suo corso, attraversa 4 Regioni e 13 Province: per questo motivo, tra i fiumi d’Italia, è quello che più si presta a operazioni di raccolta, recupero e riciclo dei rifiuti prima che arrivino al mare – specie quelli in plastica. Si stima infatti che quasi l’80% dei rifiuti che infestano il mare provengano dalla terraferma, e arrivino direttamente attraverso gli scarichi urbani e, appunto, i corsi d’acqua.

Il Po d’aMare – Le barriere sul fiume

Un danno all’ecosistema e all’economia

L’inquinamento dei mari non è soltanto un problema ecologico e vitale, ma per chi è per così dire più pragmatico, è bene sapere che i rifiuti sulle spiagge e nel mare sono un motivo di disincentivazione del turismo e hanno un impatto negativo sulla pesca e la nautica. L’impatto economico è di ben 13 miliardi di dollari l’anno di perdite, secondo le stime dell’Unep (United Nations Environment Programme). Un dato non indifferente.

Il Po d’aMare – La SeaHunter

Il Po d’aMare a Torino

Il progetto Il Po d’aMare giunto ora a Torino è nato nel 2018 con l’avvio della prima sperimentazione in prossimità del delta del fiume a Ferrara. Il sistema che intercetta, raccoglie e poi ricicla i rifiuti è stato ampliato e ottimizzato per essere localizzato e svolto in un grande nucleo urbano, come è appunto la città di Torino. I tecnici hanno posizionato le barriere galleggianti utilizzate per lo scopo, direttamente sul fiume in zona Murazzi, tra i ponti Vittorio Emanuele I e Umberto I. La raccolta di questi rifiuti è condotta dalla società Castalia Operations nell’ambito del progetto Seasweeper. I due moduli di raccolta non hanno un impatto sull’ambiente e su flora e fauna ittica e resteranno in posizione sino a dicembre 2019.

Il Po d’aMare – Le barriere sul fiume

La raccolta dei rifiuti sul Po a Torino

I rifiuti galleggianti intercettati dalle apposite barriere vengono poi raccolti per mezzo di un’imbarcazione chiamata Sea hunter, e poi da operatori da terra. Tutto il materiale raccolto è poi stivato in appositi cassoni gestiti da Amiat. Dopo di che, gli operatori si occupano di conferire le plastiche presso un impianto Corepla, dove si procederà alla successiva valorizzazione dei materiali. Il materiale riciclato verrà infine ri-utilizzato per la realizzazione di arredi urbani che saranno donati alla Città di Torino dai partner del progetto.

Confrontare i risultati

Al termine di questa prima fase di sperimentazione, i risultati ottenuti (che sin dalle prime valutazioni si prospettano ottimi), saranno messi a confronto con l’attività di intercettazione, raccolta e riciclo dei rifiuti plastici del fiume Po avviata lo scorso anno nei pressi di Ferrara. Il confronto offrirà la possibilità di valutare la fattibilità di predisporre in seguito un sistema nazionale di prevenzione dei rifiuti marini tramite sistemi di raccolta che coinvolgano i principali fiumi italiani – e dunque non soltanto il fiume Po, che non è l’unico a riversare nel mare i propri rifiuti. Allo stesso tempo, si avrà l’opportunità di creare una filiera virtuosa di riciclo e recupero delle plastiche raccolte.

Un deprecabile malcostume

«L’abbandono dei rifiuti rappresenta un deprecabile malcostume che compromette la qualità di vita e il senso di sicurezza negli spazi pubblici, genera costi elevati per i servizi di pulizia e nuoce all’immagine delle località – dichiara Chiara Appendino, sindaca della Città di Torino – La sperimentazione di modalità innovative per liberare il Po dalla spazzatura, separando la plastica da altra immondizia e l’avvio di un processo di riciclo del materiale raccolto è un’eccezionale opportunità per proteggere la salute di fiumi e mari. Torino punta a diventare un città plastic free e Il Po d’aMare rappresenta anche un importante momento per sensibilizzare i cittadini nella difesa dell’ambiente naturale».

Dare la massima visibilità al progetto

Quando si tratta di progetti di salvaguardia così importanti è fondamentale che questi abbiano una grande cassa di risonanza. «Ho fortemente voluto che questa sperimentazione si realizzasse qui a Torino, in un tratto in cui il Po attraversa il centro della città, di modo che l’iniziativa potesse ottenere la massima visibilità e contribuisse così a sensibilizzare cittadini, turisti e giovani generazioni su quanto siano importanti il rispetto dell’ambiente e la corretta gestione dei rifiuti – spiega Christian Aimaro, presidente Amiat Gruppo Iren – Sono orgoglioso che il progetto si realizzi proprio nell’anno in cui Amiat festeggia i 50 anni dalla propria costituzione e ritengo che la partecipazione attiva a questo importante progetto sia un’ulteriore testimonianza di come l’azienda e la città di Torino siano sempre disponibili a testare nuove soluzioni finalizzate a migliorare la qualità ambientale del territorio».

La presenzazione del progetto Il Po d’aMare

Sperimentare soluzioni innovative per la salvaguardia dell’ambiente

Salvare l’ambiente non è più soltanto uno slogan da recitare nelle manifestazioni, ma un imperativo che non deve essere più procrastinato. Le soluzioni innovative in quest’ambito sono dunque ben accette. «Iren crede nella sperimentazione di soluzioni innovative finalizzate alla salvaguardia ambientale – sottolinea Renato Boero, presidente Iren Spa – Riteniamo che il sostegno a questa operazione sia non solo un’interessante opportunità per valutare nuove forme di raccolta e recupero dei rifiuti, ma soprattutto una straordinaria occasione di sensibilizzazione verso la popolazione, a cui possiamo così comunicare l’importanza dell’equilibrio ambientale, fra uomo, fiume e territorio, soprattutto in un contesto urbano, come quello di Torino, da sempre legato al Po e alla storia che esso rappresenta».

La salvezza dei mari dipende da ciò che facciamo a terra

«Una corretta gestione dei rifiuti a terra è il gesto più importante per preservare i mari – precisa il Presidente Corepla Antonello Ciotti – Inoltre, la plastica raccolta in acque dolci è più facilmente riciclabile rispetto a quella raccolta in mare. La sperimentazione nella città di Torino vuole essere un ulteriore passo avanti ‘collettivo’ di imprese, amministrazioni pubbliche e centri studi per una corretta educazione alla tutela dell’ambiente, per nuove attività di ricerca e sviluppo, per una reale circular economy».

La necessità di un esame affidabile e approfondito

Ma quanto sappiamo della presenza dei rifiuti plastici nei fiumi, che poi arrivano al mare? Di che numeri stiamo parlando. Il progetto Il Po d’aMare, ora esteso a Torino, può offrire questi dati. «L’estensione del progetto Il Po d’aMare alla nuova area individuata a Torino – fa notare il Segretario Generale dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po Meuccio Berselli – ci consente di incrementare ulteriormente il livello di informazioni essenziali per un esame affidabile e approfondito riguardante la presenza dei materiali plastici nel Grande Fiume. Ringrazio i partner e le amministrazioni locali che intervengono a questa nuova esperienza-modello che potrà trovare autentica dimensione anche in altre aree lungo l’asta fluviale del Po».
Il progetto permette così di dare una prima risposta a queste e altre domande. «Un’iniziativa come Il Po d’aMare – aggiunge Andrea Barbabella di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – rappresenta anche un’occasione, specie se messa a sistema con altre iniziative, per comprendere meglio questo fenomeno a partire da domande apparentemente semplici: quanti rifiuti, sia plastici che non, trasportano i fiumi? Qual è l’origine di questi rifiuti? Quali sono le tecnologie migliori per il loro riciclo? Il percorso verso un’economia circolare ha bisogno non solo di soluzioni organizzative e tecnologiche innovative ed efficaci, ma anche di nuove e più solide conoscenze».

La responsabilità del cittadino

Ciò che tuttavia deve essere chiaro, è che a contribuire all’inquinamento (e alla morte) dei mari non è il fiume (o i fiumi), ma il cittadino. Colui che, indiscriminatamente e senza pensare alle conseguenze, getta questi rifiuti nei corsi d’acqua, in prossimità, su spiagge o sponde e altri luoghi da cui questi poi possono finire nei fiumi. «Il Consorzio Castalia e i consorziati tutti, da oltre 30 anni operano per la salvaguardia del mare principalmente con interventi di contenimento da sversamenti di idrocarburi – spiega Lorenzo Barone di Castalia Operations – Lo sversamento dei rifiuti solidi galleggianti in mare, compresi i materiali plastici, ha un vettore di trasporto principale con vari nomi propri, il fiume Po, il fiume Arno, il fiume Tevere ecc., ma come sorgente un unico e solo responsabile: il cittadino irresponsabile. Gli sversamenti da idrocarburi per la quale interveniamo, spesso sono dovuti a incidenti con cause di origine variabile, non si può dire lo stesso per l’inquinamento da materiale plastico dovuto al trasporto da parte dei fiumi principalmente a seguito dilavamento delle sponde. Il nostro impegno continua, nella speranza che questo sforzo oltre a risultati di numeri, quantità di rifiuto raccolto prima che raggiunga il mare, possa sensibilizzare in modo adeguato i cittadini».
Ben vengano dunque iniziative come Il Po d’aMare che possono dare un aiuto a salvare il salvabile, ma prima di tutto è fondamentale la partecipazione attiva dei cittadini, che si devono impegnare a non gettare i rifiuti nell’ambiente, di cui, volenti o nolenti, facciamo tutti parte.

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